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Il “potàge”, la vellutata dall’accento francese che riscalda l’autunno

L’enorme  varietà di ortaggi esistente è tale da  garantire,  a chiunque voglia mangiare verdure tutti i giorni,   di cambiare quotidianamente tipologia. Esistono mille modi di cucinare i meravigliosi regali dell’orto, tra tutti, soprattutto nel periodo invernale, quando il calore di una zuppa ci conforta, avvolgendoci in un caldo abbraccio, il potàge, è quello più indicato. Origini e ricetta.

Potàge è il termine con il quale i francesi chiamano la minestra anche se,  in realtà,  la sua consistenza cremosa, lucente e vellutata lo rende diverso sia dalle zuppe che da minestre e minestroni in cui gli ingredienti mantengono le proprie consistenze ben distinte, seppur amalgamate  in maniera armonica ed avvolgente.
Per secoli zuppe, minestre e brodi hanno rappresentato la portata principale, se non addirittura l’unica, sulle tavole delle classi più povere,  quasi in tutto il mondo.  Ciò è dimostrato dal fatto che il termine  “minestra” deriva da “minestrare”,  variante di ministrare, cioè amministrare, per indicare che veniva abitualmente servita o “ministrata” ai vari commensali dal componente più importante della famiglia.
Il termine  zuppa  (in  tutte le sue varianti nelle differenti lingue: soup in inglese, suppe in tedesco, sopa in spagnolo, soupe in francese) deriva invece dal  gotico “suppa” che indicava la fetta di pane che veniva messa nelle ciotole prima di versarvi il brodo. In Francia soupe è ancora il nome di questa fetta di pane sul quale si versa il potage, cioè la parte liquida della preparazione.
Durante il Medioevo il pane  era spesso la sola base delle zuppe. Infatti a quei tempi le stoviglie di metallo erano  riservate ai  nobili e ai ricchi mentre per tutti gli altri il “piatto” era costituito da una grossa e larga fetta di pane sulla quale venivano man mano appoggiate le portate. Alla fine del pasto questo pane, impregnato dei succhi e dei condimenti dei  cibi serviti, veniva dato alla servitù che lo cuoceva nel brodo insieme alle verdure di stagione ottenendo una saporita vivanda calda.
Le zuppe, in quanto fonte di nutrimento e gusto, sono il simbolo della cucina tradizionale casalinga , l’emblema del cibo del conforto rassicurante ed avvolgente. Tuttavia, a meno che non si tratti di preparazioni particolari, è difficile che vengano richieste al ristorante, sebbene il termine derivi dal motto latino “venite ad me omnes qui stomacho laboratis ed ego restaurabo”(venite da me voi tutti che avete lo stomaco che protesta e vi ristorerò).
Tra le tanti versioni di potage esistenti, merita particolare attenzione quella riportata in auge da Giulia Child, il potage parmentier, dedicata ad Antoine Parmentier,  farmacista ed agronomo della metà del Settecento, cui si deve la divulgazione della patata, fino ad allora considerata nociva o addirittura velenosa, come alimento commestibile. Allo  scopo di diffonderne l’uso fece sorvegliare i terreni dove le coltivava dalle guardie armate in modo da farle rubare al popolo nella convinzione che avessero un grande valore. Egli, inoltre, organizzò  una cena interamente a base di patate per  Re  Luigi XVI ed il suo entourage, che rimasero molto soddisfatti dai molteplici impieghi in cucina  di questo tubero,  dall’aspetto apparentemente insignificante,  al punto che un fiore di patata fu addirittura posto sul cappello della Regina Maria Antonietta. In onore alla grande intuizione di Parmentier, di seguito, riportiamo la semplice e gustosa ricetta del potàge di patate al timo.

Potàge di patate al timo

Ingredienti per 4 persone
4 patate di media grandezza
400 ml di latte (vegetale)
timo fresco
sale e pepe ( bianco) q.b.

Fate bollire le patate per mezz’ora circa o cuocetele per 10 minuti nel microonde alla massima potenza. In entrambi i casi sbucciatele, tagliatele in pezzi di media grandezza mettetele in una pentola. Unitevi il latte,  il sale e il pepe e mettete sul fuoco per circa 10 minuti. Con l’aiuto di un mixer riducete in crema le patate fino ad ottenere un composto vellutato ed omogeneo. Servite caldo guarnendo con un rametto di timo fresco, un giro d’olio  e crostini di pane tostato.

 

Quando alla passione per il cibo, inteso nella sua accezione più nobile di storia e cultura della gastronomia, si unisce quella per la scrittura, può divenire forte l’esigenza di creare un contenitore in grado di riunire tutte le tematiche che ruotano intorno a questo inesauribile argomento.

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