“Bio in Sicily”, buona la prima bagherese sulla Sicilia “green”
Il limone siciliano batte la pandemia.
Il prezioso agrume, una delle colture di pregio dell’Isola, grazie alla sua qualità, alle proprietà organolettiche ed anche al fatto che è percepito dal mercato come salutistico, ha registrato un aumentato dei volumi di vendita.
È quanto è emerso lo scorso sabato 3 ottobre a Villa Palagonia a Bagheria, nel corso del forum regionale “Strategie di marketing e prospettive di commercializzazione del limone di Sicilia”, che ha dato il via a Bio in Sicily, la due giorni organizzata dall’associazione “La Piana d’Oro”, dalla Condotta Slow Food di Bagheria, dal Gal “Metropoli Est” e dall’A.P.O. Sicilia (Associazione Produttori Agrumicoli ed Ortofrutticoli), con il patrocinio dell’Assemblea Regionale siciliana e del Comune di Bagheria, per fare il punto in ambito regionale, nell’anno dedicato alla biodiversità, su questioni di grande attualità legate allo sviluppo sostenibile.
L’incontro è stata l’occasione per fare il punto su strategie di marketing territoriale, politiche di sviluppo ed evoluzione del mercato del limone, con un occhio alle potenzialità del mercato ancora da sviluppare. Ciò che è emerso è che il sistema Sicilia, su un prodotto simbolo come il limone, risulta vincente grazie ad una innovazione di processo che ha visto protagoniste tutte le componenti della filiera, dai produttori, ai confezionatori, fino alla grossa distribuzione. Una riforma graduale che ha avuto come capisaldi, l’attuazione di un’associazione tra i produttori, l’inversione di rotta delle politiche d’intervento dell’Unione Europea che dal 2007 conferisce il sostegno direttamente ai produttori, l’utilizzo delle nuove tecnologie della comunicazione, l’utilizzo delle certificazioni di qualità, che consentono l’accesso ai mercati europei ed il mantenimento di quote di mercato, il ricambio generazionale nelle figure gestionali evitando i processi di abbandono dei territori.
Dopo il declino iniziato negli anni ’70 del secolo scorso e protrattosi per circa un quarantennio, la svolta nella coltivazione e commercializzazione del limone è arrivata nel 2008 quando, dal prezzo medio di 25 centesimi al chilo si è passati ai 53 centesimi al chilo, fino ai 93 centesimi del 2016. Quest’anno, tenuto conto del prezzo elevato della stagione invernale, si è superata la cifra di 1 euro al chilogrammo.
Un ruolo importante nella promozione dell’agrume, è da riservare ai Distretti Produttivi che vantano anche l’acquisizione del marchio di origine europeo della Indicazione Geografica Protetta, l’ IGP.
Il Consorzio del Limone di Siracusa IGP, il più grande in Europa, ad esempio, conta oltre 150 produttori, oltre 30 confezionatori in rappresentanza delle più importanti realtà dell’ortofrutta siciliana, circa 40 aziende che trasformano il prodotto, 1450 ettari di produzione che rappresentano il 32 per cento di quella nazionale. La produzione complessiva della campagna dello scorso anno è stata di otto milioni di chili, con un aumento di circa un milione di chili annuo e con un prezzo di 1,20 euro al chilogrammo. Il primo ottobre ha preso il via la nuova campagna di raccolta. Ad incidere positivamente sull’aumento del prezzo al chilo è stata la rivalutazione fatta dall’industria che oggi, per il limone IGP si Siracusa paga 0,70 centesimi al chilo contro i 0,40 di qualche anno fa.
Sul un altro versante, quello del Messinese jonico, si coltiva il Limone Interdonato, un frutto invernale con un ritmo di accrescimento molto elevato ed un periodo di maturazione molto precoce, che consente la sua immissione al consumo già da settembre. L’areale di produzione è di circa 330 ettari, di cui circa 80 di superfice certificata IGP e 70 dedicati al biologico. La resa in prodotto fresco è compresa tra 80-130 chili per pianta.
Per il Limone dell’Etna, invece, si stimano circa 2.500 – 3.000 ettari di coltivazione in un’area compresa fra le province di Catania e Taormina, in cui la notevole asperità del terreno, la presenza di muri a secco di pietra lavica, la difficoltà nell’attuare moderni sistemi irrigui, l’alto valore paesaggistico e il rischio di degrado ambientale sono fra i fattori più rilevanti. Dal punto di vista varietale c’è una netta prevalenza della cultivar ‘Femminello’ (70%) in prevalenza ‘Femminello zagara bianca’ seguita dalla cultivar ‘Monachello’ (30%). Il periodo di commercializzazione abbraccia l’intero anno. Attualmente solo una piccola parte dei limoni prodotta nella costa ionica viene commercializzata come frutto fresco mentre la maggior parte viene avviata all’industria di trasformazione. Lo scorso 18 giugno è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la domanda di registrazione della denominazione IGP “Limone dell’Etna”.
Il Limone Verdello, è coltivato nella zona che si estende da Lascari alle porte di Palermo e negli ultimi anni è diventato una produzione molto rivalutata. Si raccoglie nella stagione calda e deriva da una particolare tecnica di coltivazione, che permette di forzare la pianta a fiorire e dare i frutti nel periodo da maggio a settembre. Questi frutti con buccia liscia e di colore verde chiaro, con un alto livello di acidità, quasi senza semi e molto profumati, hanno dimensioni medio-piccole e minore resa in succo ma il loro uso è molto diffuso in cucina e per preparare cocktail e bevande estive dissetanti oltre che per la preparazione di liquori come il limoncello. Di Limone Verdello se ne producono circa 5 mila quintali in 80 ettari di limoneti, tutto venduto principalmente all’estero, dove va circa l’80 per cento della produzione e il restante 20 per cento è commercializzato in Italia.
La comunità bagherese ha avviato con Slow Food un percorso, giunto quasi a conclusione, per ottenere il Presidio su questa importante coltivazione. “Abbiamo già presentato il disciplinare a mancano solo gli ultimi passaggi con la Fondazione Slow food – afferma Adalberto Catanzaro, fiduciario della Condotta di Bagheria -. Per noi si tratta di un’azione molto importante perché il riconoscimento del presidio ci permetterà di portare avanti un’azione integrata di promozione del territorio alla quale lavoriamo da tempo e che coinvolgerà diversi attori delle forze economiche e produttive locali”.
“Bio in Sicily ha l’ambizione di diventare il primo evento di carattere regionale sulla biodiversità – ha detto il sindaco di Bagheria Filippo Tripoli -. É nostra intenzione continuare a lavorare mettendo insieme le risorse del pubblico e le competenze del privato per valorizzare e dare una nuova visione al nostro territorio che può contare su ricettività, buona qualità della vita, promozione dei beni monumentali e dell’attività del terziario. Lavorando in sinergia con Regione e Area Metropolita, sono certo che potremo ottenere il giusto rilancio”.
Un altro obiettivo per tutto il comparto agrumicolo sarà la creazione di un BioDistretto come spiega il presidente di A.P.O. Sicilia e vicepresidente del GAL Metropoli Est Antonio Fricano: “Il Consorzio A.P.O. Sicilia e il GAL Metropoli Est stanno sviluppando un progetto di BioDistretto che coinvolga i comuni del nostro comprensorio e le istituzioni che possano contribuire a consolidare una coscienza sociale volta a creare dei luoghi in cui vivere in armonia con la natura, intervenendo su tutti gli aspetti della vita quotidiana e produttiva per ridurre gli sprechi energetici e materiali, l’uso di sostanze nocive e/o inquinanti, e quant’altro si ritenga utile”.
“Bio in Sicily ha visto la partecipazione convinta e partecipa del GAL per un duplice motivo – ha aggiunto il presidente Antonio Rini -: la kermesse è diventata luogo di incontro e riflessione di assoluto prestigio nella galassia del Bio. Ma, soprattutto, non poteva esserci vetrina migliore per cogliere le sfide del nostro tempo sul tema del rilancio del territorio. Locale che diventa globale, programmazione comunitaria, armonizzazione legislativa, sinergie pubblico-privato, sono solo alcuni dei temi affrontati e per i quali ci sarà un impegno preciso del GAL”.
Vari gli appuntamenti che hanno messo in evidenza l’importanza di lavorare in “bio”:
“Green & Book” coordinata da Mario Liberto, una finestra sull’editoria specializzata del cibo, dell’ambiente e del turismo rurale;
“Biodì”, fiera della biodiversità coordinata da Idimed e dall’Università degli Studi di Palermo, che quest’anno taglia il traguardo della VI^ edizione, una kermesse che mette a confronto aziende agroalimentari, produttori e coltivatori “agrifood” del Mediterraneo. L’evento è stata anche l’occasione per celebrare il decennale del riconoscimento della Dieta Mediterranea come patrimonio dell’Unesco. “Il nostro obiettivo, che portiamo avanti da anni con la Fiera della Biodiversità Alimentare è rimasto pressoché invariato – spiega Francesca Cerami, Direttore generale Idimed e tra i promotori dell’iniziativa – intendiamo infatti fare cultura dell’alimentazione partendo dalle radici presenti nella nostra biodiversità Mediterranea per esportarla in Italia e nel resto del mondo”.
Il convegno sui “Marchi di qualità e riconoscibilità del prodotto”, cui hanno preso parte tra gli altri, Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela vini D.O.C. Sicilia, Pietro Miosi, dirigente Brand Sicilia e marketing territoriale del dipartimento Agricoltura, Paolo Inglese, docente di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università degli Studi di Palermo e Dino Taschetta, presidente delle cantine Colomba Bianca.
Altro momento di confronto è stata la tavola rotonda sulle “Strategie del turismo sostenibile ed enogastronomico”. Tra i partecipanti Luigi Bonsignore, titolare dell’omonima cantina e presidente della Strada del Vino e dei Sapori della Valle dei Templi, Antonio Mineo, presidente della Pro Loco “Bagheria Città delle Ville” e Tony Lo Coco, vicepresidente dell’associazione Le Soste di Ulisse.
Nei rispettivi contesti l’obiettivo per il futuro è il medesimo: dare sempre più valore “green” alla Sicilia.
Al termine della manifestazione si è svolta la premiazione delle aziende bio che, con il loro lavoro, si sono distinte nel territorio regionale. Si tratta di trenta aziende, il cui ambito di produzione spazia dall’olio al vino, dalle carni all’ortofrutta, ai formaggi, al caffè, fino alla mobilità elettrica. È stato conferito anche un premio speciale intitolato alla memoria del senatore Bartolo Fazio, che tanto si è speso per lo sviluppo, la salvaguardia e la valorizzazione del territorio siciliano.